In piazzale Insubria l’arrivo delle ferie estive si vede dai parcheggi vuoti. Quest’anno ce ne sono meno e anche il caldo è a ondate, a tratti insopportabile a tratti mitigato dalla pioggia.
Le tre piazze principali del quartiere sono abitate da tanti alberi e piante: frassini e olmi dividono lo spazio con querce, tanarix e magnolie. Nonostante tutto questo verde, fa molto caldo, soprattutto se vivi in uno spazio piccolo e sovraffollato e non ti puoi permettere l’aria condizionata o il ventilatore. E poi lì vicino in via Lombroso c’è l’ortomercato, con le sue celle frigorifere che creano una enorme bolla di calore che investe tutto il quartiere, attenuando l’effetto benefico delle piante.
Chi vive lì da anni conosce la storia di quegli alberi, come Grazia Casagrande del Comitato Inquilini, che affianca gli abitanti delle case popolari in tutte le molteplici e sempre più incalzanti difficoltà del quotidiano: “Sono stati piantati una ventina di anni fa. è un bene, anche se prima qua in piazza Insubria c’era un campetto da calcio. Ora i ragazzini possono giocare solo in parrocchia o nei club sportivi e spesso aiutiamo le famiglie a recuperare i soldi per le quote. E non solo per questo…ieri una signora ci ha portato l’elenco dei libri per la scuola media del figlio: trecentoquaranta euro di sussidiari!”.
Nel tempo ci sono stati molti progetti di piantumazione nei cortile Aler, ma spesso le piante vengono danneggiate o ci buttano addosso la spazzatura.
La vita in quartiere richiede uno sforzo continuo di negoziazione con tutti “gli altri” che lo abitano. Nelle case popolari costruite tra gli anni trenta e quaranta del secolo scorso, oggi vivono tanti anziani, famiglie italiane e straniere, minori e adulti delle comunità di accoglienza gestite dal terzo settore. Un microcosmopolitismo che è quotidiano sforzo di mediazioni su tutto: idee di decoro, pulito, silenzio, relazione con lo spazio. La sera il fresco tra i rami si fa rifugio per chi cerca un po di sollievo quando il cemento rilascia il calore accumulato. Tutta la fatica della città e della vita gomito a gomito del quartiere, si riposa in un gesto di cura inter-specie. Si fa dell’aria luogo pubblico quando l’aria manca e si va a cercarla e la si condivide con un estraneo sotto un albero. Allora il respiro d’altri viventi, scambio intimo tra umani e non umani che diamo per scontato, nutre e ristora tutti, senza discriminazione.
Arredo urbano
Con il caldo anche i minori stranieri non accompagnati delle tante comunità di accoglienza presenti in Molise-Calvairate chiedono di poter tornare più tardi per il coprifuoco serale e godere l’arietta sotto le fronde di abeti e olmi. Chiamano a casa, oppure ascoltano un po’ di musica senza disturbare i compagni di stanza che il giorno dopo devono svegliarsi presto. Come tanti in quartiere, alcuni di loro lavorano nei cantieri edili di Milano e devono andare a dormire quando ancora il caldo è molto intenso, per svegliarsi all’alba. Aiutare economicamente la famiglia è la cosa più importante per questi ragazzi, il motivo che li ha spinti giovanissimi a sradicarsi dal proprio tessuto sociale per affrontare soli un viaggio difficile e pericoloso. Grazie alla legge Zampa 47/2017 infatti se si riesce ad arrivare sani e salvi prima del compimento dei diciotto anni, la Fortezza Europa schiude le sue porte. Per chi riesce a entrare non c’è vincolo più forte del dovere morale di adempiere al proprio mandato migratorio e questo insieme alla giovane età li rende particolarmente ricattabili sul piano lavorativo.
Michele Capolongo educatore al Museo della Scienza e della Tecnologia e volontario di uno dei doposcuola più attivi in zona, sostiene che, anche se gli alberi in Calvairate non mancano, non bastano a mitigare gli effetti della cementificazione della città né tanto meno quelli dei cambiamenti climatici, come si è visto dopo il nubifragio del luglio 2023 che ne ha sradicati a decine: “I progetti urbanistici non sono immaginati per mettere le piante nelle condizioni di crescere in modo sano: hanno poco terreno in cui radicarsi e i lavori stradali spesso danneggiano o asportano parte dei rizomi. L’idea di città che c’è sotto si vede dal capitolato catastale in cui sono inseriti gli alberi, insieme alle panchine!.”
Il concetto stesso di arredo urbano ne svela l’intenzione de-soggettivante. Trattate come ostacoli da rimuovere oppure come articoli di design, in estate le piante condividono quel poco di spazio pubblico che è rimasto con gli umani che non vanno in ferie, le riserve di lavoro a basso costo che vivono nei sobborghi della città. Come i molti ragazzi che oggi vivono in quartiere nelle comunità di accoglienza e che fanno gli operai nei cantieri edili, costruendo i palazzi di una città in cui non si potranno permette di vivere.
Nelle metropoli come Milano, dove “le periferie” per lo più non sono geograficamente ai confini dell’urbe, è più facile riconoscerne la reale vocazione, quella di indicare un fantomatico centro come modello ideale normativo che mette in posizione subalterna ed estrae profitto da ciò che non è conforme.