Abbasso la guerra!

 


Articolo tratto dal N. 46 di Letture per navigare il presente Immagine copertina della newsletter

 

Pubblichiamo qui di seguito un estratto tratto dal volume Profezie bianche: da Erasmo da Rotterdam a Gino Strada, un libro sulla riscoperta della pace come imperativo morale e progetto politico, Autori vari, con introduzione di Nicola Lagioia, Fondazione Feltrinelli, Milano 2025.

profezie bianche

Vai alla pagina


Sembra impossibile. Siamo coinvolti in un turbine di avvenimenti che sconvolgerà tutto ciò che fino a oggi sembrava emergere e vivere per la storia. Sembra che tutto sia stato vano, che qualche cosa di ineluttabile sospinga l’Europa contro un baratro; come una zattera sospinta a cui darà di contro nella inevitabile catastrofe.

È dunque vero. La guerra Europea è una realtà.

Ricordo che, molti anni addietro, una setta di religiosi offriva dei piccoli libri alla gente per le vie. Ne ebbi uno anch’io, ed ero bambina. Lo guardai, lo lessi senza comprenderlo, ma mi restò nel ricordo solo per le sue figurine. In ogni pagina per traverso, in uno sfondo fosco di nubi si ergeva un cavallo montato da uno scheletro. E una lugubre profezia segnava degli anni – che allora mi sembravano molto lontani, – e che mi pare, fossero questi: 1914 Il cavallo rosso – La guerra universale. – 1915 Il cavallo pallido – La carestia universale – 1916 Il cavallo nero – La morte universale… – Poi veniva un nuovo messia, sul cavallo bianco, e portava la vita e la pace. Ma per chi – mi dicevo – se tutti saranno morti?

Intanto sembra che la profezia si avveri. Il cavallo rosso della follia scalpita e freme e getta fiamme dalle narici. Sta per spiccare la corsa su questo vecchio continente ladro – l’Europa è stata sempre la sfruttatrice delle altre parti del mondo più nuove o meno civili – e seminerà l’incendio della guerra. E si sa bene che quando l’incendio è vivo ha bisogno di alimento e che alimento a tale fiamma è il sangue dei popoli.

E i popoli tutti chiamati a raccolta daranno il loro sangue. Anderanno pur troppo, in massa, le falangi umane, eccitate da un grido, guidate da una bandiera, ubbriacate da un entusiasmo fittizio, a portare in olocausto la loro vita, la salute e la salvezza dei figli, il frutto di secoli di lavoro, la sintesi di un’idea superiore che per anni e anni ormai ha cercato far nascere nei cuori e nei cervelli una nuova coscienza e un nuovo pensiero.

Anderanno a gettare tutto questo – non sull’Ara di Marte – ma sui gradini dorati di un trono.

Ma non si illudino i popoli! Questa guerra è priva di ogni idealità, di ogni ragione di libertà, di ogni questione nazionale. Solo l’ambizione dinastica la scatena, solo loschi e misteriosi affari di reggia l’hanno voluta. Vecchi monarchi, prepotenti imperatori, presidenti di repubbliche, trascinati nel vortice militaristico, dalle loro case ben guardate, nelle loro stanze ben costudite, seduti in seggi, con delle carte dinanzi, calmi e freddi tengono in mano milioni di vite, le sorti di cinque o sei popoli, la ragione di esistere di intiere moltitudini. Stanno per ricacciare indietro civiltà arrivate ad un grado superiore, stanno per cancellare – con un tratto di penna, con una firma, secoli di storia, affermazioni di libertà.

[…]

Abbasso la guerra, dunque. Abbasso questa Nemesi cieca che passa come un turbine avvelenato, miete le migliori vite, e lascia solo chi ha voluto la strage a dividersi la gloria e il frutto delle rapine sui troni. Vorrei trovare le parole più acute e roventi per maledire, vorrei trovare la forza per unire tutte le braccia di noi liberi, di noi consapevoli per respingere indietro il fantasma della morte che minaccia di avvicinarsi. Indietro, indietro! Noi amiamo la vita, noi vogliamo la vita. Abbiamo sempre combattuto per questo naturale e sacro diritto, abbiamo sempre gridato contro l’abuso di autorità che ci privava della libertà di esplicarla intiera, – abbiamo sempre maledetto il privilegio della proprietà che ci impediva di goderla tutta; abbiamo sempre negato i regni dell’al di là solo perché – con la speranza di un ipotetico poi – toglieva alle folle proletarie la combattività necessaria a vincere le lotte di questa vita reale!

Leda Rafanelli

Ricevi il numero completo di PUBBLICO nella tua casella di posta

Non sei ancora iscritto? Compila il form!