Alla festa nazionale di CasaPound Italia, il 6 settembre a Grosseto, verrà presentata una proposta politica concreta sulla remigrazione. Insieme a CasaPound, saranno presenti esponenti della Rete dei Patrioti, di VFS e di Brescia ai Bresciani.
“Attorno a questa proposta specifica – spiega il portavoce Luca Marsella – vogliamo costruire una battaglia trasversale, aperta a movimenti, associazioni, comitati e a tutti coloro che, in questi anni, si sono battuti contro l’immigrazione di massa e per la difesa dell’identità. Da Grosseto intendiamo avviare un cammino comune sulla battaglia, fondato su una visione politica chiara, incentrata sulla riconquista delle città e sulla lotta al degrado”.
“La remigrazione è il punto di partenza, l’identità è la direzione, l’unità è la forza. Questo percorso – prosegue Marsella – vuole offrire una possibilità a chi non si è mai arreso, ma anche a chi ha creduto nelle promesse di un governo che, dopo proclami e slogan, oggi spalanca le porte a 500.000 nuovi ingressi con il decreto flussi, discute di ius scholae e ha abbandonato ogni linea di fermezza, che resta solo nelle parole. A settembre parte ciò che possiamo definire, con una sola parola, riconquista”.
Questo è quanto si legge sul sito ufficiale di CasaPound Italia, ciò che del resto era stato ampiamente annunciato nei mesi scorsi, in occasione del Remigration Summit di Gallarate, quando Roberto Vannacci aveva promesso di portare la loro “battaglia” a Bruxelles.
Remigrazione o deportazione?
Come ha scritto Luigi Mastrodonato su Lucy, quando l’estrema destra dice “remigrazione” intende “deportazione”. E la destra quella “normale” cosa ne pensa? Cosa ne pensa quella destra oggetto della polemica finale in questo testo di CasaPound? In tempi di Trump, AfD in Germania e deportazioni di immigrati in Albania, è una domanda piuttosto concreta da porsi.
Ciò che mi preme mostrare in questo articolo è la continuità fra queste logiche e politiche e le proposte in termini di gestione dell’immigrazione avanzate dalle destre radicali negli Anni Novanta, e in particolare da alcune organizzazioni della destra radicale che in Italia furono poi sciolte sulla base della Legge Mancino, che puniva gli incitamenti alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, inclusa la creazione e la partecipazione ad associazioni create con queste finalità.
La lettura del numero 34 (aprile 2001) del foglio Margini – letture e riletture della Libreria Ar di Salerno può farci intuire alcune preoccupanti continuità nelle proposte politiche di destra per la gestione delle migrazioni. Per inciso, le edizioni di Ar sono quelle fondate a Padova nel 1963 da Franco Freda, fondatore della casa editrice e figura di riferimento del neofascismo italiano degli anni Settanta.
In quel numero, nella rubrica Considerazioni, si parlava del mito della “rivoluzione conservatrice”, partendo dal libro La disintegrazione del sistema [1970] di Freda. Il Gruppo di Ar rappresenta il migliore e più genuino interprete di questa tradizione “rivoluzionaria-conservatrice”, come del resto dal gruppo stesso rivendicato. Il gruppo presentava il libro di Franco Freda come l’unica opera realmente rivoluzionaria/conservatrice, caratterizzata dalla predicazione della convergenza di teorie di destra e di sinistra. Convergenza che in quel caso veniva individuata nell’anti-globalismo. Un progetto che si voleva derivato direttamente dalla metafisica della storia delineata da Julius Evola, filosofo del primo Novecento e punto di riferimento dell’estrema destra razzista. Questo libro è fondamentale ancora oggi per comprendere lo sfondo teorico nel quale ci si muove. Così come lo è la lettura di I lupi azzurri, una raccolta che condensa l’ideologia razzista e xenofoba dei membri del Fronte Nazionale, fondato nel 1990 dall’autore e sciolto dal Consiglio dei Ministri nel 2000, su applicazione della legge Mancino – per vederne le continuità oggi.
Dall’esperienza del Fronte Nazionale (che oggi si vuole dottrinaria e metapolitica) prendeva vigore la pratica delle tesi del razzismo morfologico e diventava centrale la denuncia dello snaturamento delle stirpi europee nella “massa mondiale” e la loro dissoluzione nella società globale, causa diretta (la società globale, o “il mondialismo”) dell’immigrazione di masse extraeuropee.
Rimpatri di massa e Legge Mancino
Nel 2018, in questo articolo per “Gli Stati Generali”, mi chiedevo:
Perché alla Lega interessa abolire la legge Mancino? Perché raccolse le firme per una sua abolizione? Si può ipotizzare che alla Lega interessi sdoganare idee di rimpatrio di massa?
Evidentemente sì, possiamo rispondere oggi.
Uno dei casi più noti di applicazione della Legge Mancino fu proprio quello contro il Fronte Nazionale di Franco Freda. Nei documenti ufficiali del Fronte Nazionale si indicava nel 1990 la data “forte” per l’avvio di “una immigrazione massiva e incontrollata” che “avrebbe precipitato nell’indifferenziazione le etnie europee, primo passo verso l’edificazione della società globale” [nota del curatore al già citato volume di Franco Freda I lupi azzurri. Documenti del Fronte Nazionale, Edizioni di Ar, Padova, 2000, pp. 11-13].
E ancora si scriveva che “Il Fronte Nazionale ha inteso infatti impedire la degradazione della comunità nazionale italiana a frazione della “società” mondiale, esortando a: contrastare l’invasione della nostra terra nazionale, determinata dalle immigrazioni; avversare la intossicazione del nostro “sangue” nazionale, provocata dalle mescolanze razziali; ossia proteggere la nostra forma razziale dal suo sfiguramento e deformazione” [da le relazioni del reggente, pp. 40 e 41].
Il punto 3 del programma del Fronte Nazionale – come emerse poi nel dibattimento (fra il pubblico ministero e lo stesso Franco Freda) che portò allo scioglimento del movimento politico sulla base della legge Mancino – prevedeva il rimpatrio di tutti gli stranieri extraeuropei dal 1970 in poi.
In quel dibattimento, il P. M. chiese a Franco Freda:
“Tra questa politica sul problema degli extraeuropei e la politica di trasferimento – così come lei la definisce – degli ebrei, quali differenze ravvisa?”.
La risposta di Freda fu questa:
“Durante le verbalizzazioni, evidentemente, il pensiero viene raccolto (ed esaminato) dal verbalizzante in una maniera eccessivamente sintetica! Quando io parlavo di politica di trasferimento – la precisazione mi sembra necessaria – mi riferivo al fatto che l’intento, il disegno politico delle autorità della Germania nazionalsocialista era quello di fondare un “focolare” ebraico, una “patria” ebraica nel Madagascar o in altri posti del globo – non quello di sterminarli” [da F. Freda, L’albero e le radici, Edizioni di Ar, Padova, 1996, pp. 51-52].
Viene da chiedersi, fra le altre cose: le (proposte di) politiche di remigrazione, sono compatibili con le leggi italiane, e in particolare con l’articolo 604-bis del Codice penale, che amplia la ex Legge Mancino?