Nel romanzo Tutto quello che brucia (Feltrinelli), Daniele Aristarco racconta i giorni incandescenti durante i quali sono state poste questioni fondamentali sulla nostra società (le preoccupazioni e le proposte relative alla giustizia sociale, la crisi climatica, la lotta alle disuguaglianze, la difesa dei diritti umani) che restano ancora aperte.
Il libro parla di temi molto vicini ai giovani lettori, come il desiderio di cambiamento, la necessità di dar voce alle loro passioni brucianti, il senso di solitudine e quello forte della giustizia. Leggendo queste pagine chi era troppo giovane all’epoca potrà comprendere tutte le ragioni che hanno portato migliaia di giovani a Genova, potrà rivivere la confusione, la rabbia, l’energia e la paura, il desiderio di partecipare, di scegliere, di cambiare il mondo. E la disillusione finale che però non ha spento del tutto quel fuoco.
Qui potete leggere il prologo di Tutto quello che brucia:
Il caos filava liscio come l’olio. Elicotteri volavano su di noi, indifferenti come uccelli che planano sull’abisso.
Tutto l’universo in tempesta si agitava lì, in quella piazza di Genova. Ma c’era ordine. Anzi, c’era un disordine perfetto, privo di sbavature.
Era il 20 luglio del 2001 e la città stava litigando con il cielo. C’era fumo dappertutto e urla, e sirene, e il fracasso delle pietre e degli spari. Qualcuno correva, qualcun altro inciampava e cadeva. E io? Io ero lì. Cercavo di respirare, ma l’aria mi sembrava fatta di benzina e cenere.
Poi la voce di Chloé ha squarciato il caos. Chloé ha detto: “Viktor”. Chloé ha detto il mio nome e io subito mi sono sentito in salvo. Le sono corso incontro, sono inciampato, sono caduto. Lei mi ha raggiunto, mi ha teso la mano, mi ha rimesso in piedi, e poi siamo scappati.
E mentre correvo avrei voluto tenerle la mano, ma non si corre tenendosi per mano. E mentre correvo guardavo attorno per ricordare tutto e non dimenticare nulla.
Guardavo le scritte rosse e nere sui muri, guardavo i volti coperti, i caschi che brillavano sotto il sole. Poi c’è stata un’esplosione. E dopo, il silenzio. Un silenzio totale, come se qualcuno avesse staccato la spina al mondo intero. Per un istante, ci siamo fermati. Immobili e muti come pedine indifese di un gioco troppo grande. Muti e immobili di fronte all’irreparabile. E io mi sono chiesto, e ci siamo chiesti tutti: cosa sta succedendo oggi, qui, a Genova? È l’inizio di una rivoluzione o è la fine? Ma la domanda è rimasta lì, sospesa come il fumo, come il cielo di Genova che non smetteva di bruciare.
Quando qualcosa brucia, è come se l’intero universo cambiasse forma. I legami si spezzano, l’energia esplode in un cono di luce e cenere, il presente si consuma. E quello che resta è solo un contorno sbiadito, un vuoto caldo che raggela troppo in fretta. Anche l’amore brucia così.
Quando qualcosa comincia a bruciare, c’è un momento in cui tutto si accende, e dentro quel fuoco sembra che il mondo intero si deformi intorno a te, che stia per avvolgerti.
Poi la fiamma si spegne, ma ti resta qualcosa dentro, una scintilla, quasi impercettibile, che continua a brillare da qualche parte, anche se non la vedi. Ecco, se adesso chiudo gli occhi, sento la scintilla sotto la cenere, sento la fiamma che riprende fiato.
Ricordo ogni entusiasmo di quel giorno, ogni paura.
Rivedo centinaia di volti e luoghi, di nuovo sento la voce di Chloé che mi chiama. E forse vale la pena raccontare tutto dal principio. Com’è che sono finito lì, a Genova, quale costellazione di fatti e persone mi ci ha portato e com’è che ne sono tornato vivo. Vi assicuro, non era mica scontato. Se davvero avete voglia di ascoltarmi, forse vorrete sapere chi sono e perché, un giorno, mi sono ritrovato in mezzo a quella marea di eventi. Non aspettatevi qualcosa di troppo sensato, ve lo dico subito. A volte le cose succedono e basta, e le capisci solo molto dopo. Ci sono due viaggi da fare. Uno nella mia testa, l’altro dentro tutta questa storia. Non so quale sia più ingarbugliato, ma possiamo provarci. Facciamo le cose con calma. Dall’inizio. E vediamo fin dove riesco a portarvi”.