La città nascosta dei doposcuola milanesi 


Jacopo Lareno Faccini Jacopo Lareno Faccini
Cristina Cavallo Cristina Cavallo
Articolo tratto dal N. 49 di Scuola privata Immagine copertina della newsletter

Esiste una Milano che raramente appare nelle statistiche ufficiali o nei dibattiti pubblici sulla città. È la Milano dei doposcuola, una rete capillare di oltre 200 spazi educativi che ogni giorno accolgono circa 8.600 minori, offrendo molto più di un semplice supporto allo studio. Questa “città nascosta” – come l’ha definita la rete stessa dei doposcuola – rappresenta un osservatorio privilegiato sui fenomeni sociali in atto e un presidio fondamentale del welfare cittadino. 

Come Codici* abbiamo supportato questa rete nel leggersi e descriversi grazie ad alcune sperimentazioni di sistema promosse dal progetto Doposcuola in Rete con il sostegno di Fondazione Cariplo attraverso il Programma QuBì. L’abbiamo fatto con due rilevazioni: un questionario pilota somministrato nel 2022 a 370 minori di 32 spazi compiti differenti, e la strutturazione di un sistema condiviso di raccolta delle iscrizioni per l’anno scolastico 2024/2025 che confluisse in un dataset comune per realizzare una prima descrizione dei minori e delle famiglie intercettati da questi servizi.  

La fotografia emersa restituisce un’immagine complessa e stratificata della Milano che cresce. I doposcuola mappati – l’85% di quelli finanziati dal progetto – sono concentrati soprattutto nei Municipi 8, 9 e 5, nelle aree periferiche dove la densità di popolazione tra i 5 e i 19 anni è maggiore e dove l’edilizia residenziale pubblica disegna il paesaggio urbano. Non è un caso: il 64% dei ragazzi frequenta un doposcuola nel proprio quartiere di residenza, trasformando questi spazi in veri e propri presidi territoriali di prossimità. 

Ma chi sono i 5.679 minori di cui abbiamo raccolto le informazioni? Il profilo che emerge dai dati è quello di una popolazione estremamente eterogenea, che riflette e amplifica la diversità della Milano contemporanea. Il dato più significativo riguarda il background migratorio: il 62% degli iscritti ha cittadinanza non italiana, una percentuale che sale considerevolmente se si considera che il 76% parla in casa almeno un’altra lingua oltre all’italiano. 

Particolarmente rilevante è la sovra rappresentazione di minori con cittadinanza egiziana. Costituiscono il 43% degli iscritti con cittadinanza straniera, contro il 20% della stessa presenza nella fascia di residenti d’età 5-19 anni a Milano. Questo dato suggerisce sia la capacità dei doposcuola di intercettare specifiche comunità, sia il possibile ruolo di alcune reti di connazionali nel chiedere e ricevere supporto educativo. Tra le cittadinanze non italiane, seguono quella peruviana, filippina, cinese e marocchina, in un mosaico che riflette le trasformazioni demografiche della città. 

Dal punto di vista socioeconomico, i doposcuola intercettano prevalentemente famiglie in condizione di fragilità: il 50% delle madri non lavora, segnalando una forte componente di nuclei monoreddito, e il 21% degli iscritti vive in famiglie con quattro o più figli. Un dato particolarmente allarmante riguarda il digital divide: il 15% di chi frequenta il doposcuola non possiede un device efficiente per le attività scolastiche, e chi lo possiede dispone prevalentemente di uno smartphone, non sempre adeguato alla didattica. Solo il 9% dispone di un computer.  

Il questionario somministrato nel 2022 ha approfondito le dimensioni della povertà materiale costruendo un “indice di mancanza dell’essenziale“**. Il 19% di chi ha risposto vive in condizioni di privazione materiale significativa, mancando di quattro o più dotazioni considerate essenziali, dalle scarpe in buone condizioni allo spazio tranquillo per studiare, dalla possibilità di partecipare alle gite scolastiche all’accesso a internet. 

Ma i doposcuola non sono unicamente uno strumento di contrasto alla povertà materiale e alla dispersione scolastica. Il lavoro di approfondimento sui dati raccolti mostra come questi rispondano a bisogni complessi e differenziati. Per esempio, la motivazione principale per frequentarli resta sì “avere qualcuno che mi aiuti nei compiti” (indicata come molto importante dal 61% degli intervistati), ma assumono rilevanza anche altre componenti più relazionali e sociali: fare nuove amicizie, partecipare a giochi e attività, fare attività diverse dal solito e avere un adulto con cui parlare. Inoltre, la dimensione della socializzazione assume maggiore importanza per chi ha background familiare migratorio. Il doposcuola diventa dunque un luogo di inclusione, scambio e creazione di reti e relazioni tra ragazze e ragazzi, nuovi italiani e italiani, consentendo di affrontare e superare, in alcuni casi, le criticità che emergono in un sistema scolastico sempre più segregante.  

Che i doposcuola siano percepiti come luoghi differenti, in positivo, dalla scuola, emerge nuovamente da quanto espresso da chi ha risposto: il 56% dichiara di provare sentimenti molto spesso o sempre positivi al doposcuola, contro solo il 22% che sperimenta gli stessi sentimenti a scuola. Questo dato si riflette anche nel rapporto con le figure adulte: l’86% si sente accettato per quello che è dalle figure educative del doposcuola, contro il 68% degli insegnanti scolastici. 

I doposcuola emergono quindi come spazi complessi del welfare cittadino, con funzioni multiple e interconnesse e dove si fa evidente la relazione tra le povertà urbane ed educative. Offrono supporto allo studio ma anche opportunità culturali e relazionali altrimenti inaccessibili. Sono presìdi territoriali nelle aree di maggiore marginalità ma anche osservatori privilegiati dei fenomeni sociali. Diventano spazi di integrazione e di incontro per minori con background differenti, sono luoghi di supporto alle famiglie in difficoltà economica e per molti genitori rappresentano dei punti di riferimento per il confronto educativo.

Questi luoghi rappresentano un’antenna da valorizzare per intercettare i processi di esclusione sociale nella città e intervenire. La sperimentazione della raccolta dati uniforme ha permesso per la prima volta di avere una fotografia complessiva del sistema, dimostrando l’importanza di considerare i doposcuola come una rete integrata, capace di leggere i bisogni del territorio e di rispondere in modo flessibile e multidimensionale, ma anche un luogo di benessere, cura e protagonismo per molti ragazzi e ragazze. La sfida per il futuro sarà quella di consolidare questo approccio di sistema, estendendo la mappatura e l’analisi per costruire una fotografia completa e generalizzabile che possa orientare le politiche cittadine. Perché quella città nascosta dei doposcuola, con le sue 8.600 storie, ha molto da raccontare alla Milano che vuole essere davvero inclusiva. 

* Entrambe le rilevazioni di cui si parla in questo contributo hanno visto il lavoro di un gruppo di ricerca più esteso di chi scrive. In particolare, Serena Drufuca e Cecilia Pennati hanno lavorato alla raccolta dei dati e condiviso con noi il percorso di analisi e interpretazione dei risultati di ricerca.

** L’Indice di mancanza dell’essenziale è un indice originale che mira a rappresentare il rischio di povertà a partire da una serie di privazioni materiali che possono avere conseguenze importanti anche sulle opportunità educative.
Può assumere valori da 0 (nessun segnale di povertà materiale) a 14 (tutti i segnali di povertà materiale) e considera la presenza/assenza delle seguenti dimensioni:
• povertà percepita: chi definisce la propria famiglia come «molto o abbastanza povera»
• mancanza di vestiti in buone condizioni
• mancanza di due paia di scarpe in buone condizioni
• mancanza del materiale scolastico
• mancanza di una camera da letto (in uso esclusivo o divisa coi fratelli)
• mancanza di vacanze nell’ultimo
• mancanza di PC: nessun pc a disposizione (né proprio né di un familiare) oppure “solo pc prestato da un familiare»
• mancanza di una qualsiasi connessione internet a casa
• mancanza di un posto tranquillo per studiare e fare i compiti
• mancanza di «abbastanza soldi per viaggi e attività con la scuola»
• mancanza di «attrezzature/le cose che mi servono per praticare sport o hobby»

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