Pubblichiamo qui di seguito un estratto tratto dal volume di CDE Creta e Nicoletta Bortolotti, Quando potevamo ancora essere tutto, Fondazione Feltrinelli, Milano 2025.
È un venerdì ed è passata da poco la mezzanotte in via della Capinera 5, periferia sud-ovest di Milano. Si spengono le luci di tre vetrine e poco dopo si sente il rumore metallico delle serrande che vengono chiuse. Su quella centrale compare la scritta CDE Creta, realizzata da un gruppo di giovani grazie a un laboratorio di writing. C’è uno strano silenzio dopo che solo qualche ora prima, proprio lì dentro, più di trenta ragazzi si sono trovati per organizzare il loro Viaggio della Memoria, poi hanno cucinato e cenato insieme e subito dopo hanno condiviso la ludoteca, che non è solo gioco ma soprattutto chiacchiere e relazioni. Si sono concessi il piacere di starsene semplicemente lì, in una Milano sempre meno attenta ai bisogni dei loro coetanei, una città in cui non esistono tanti spazi di aggregazione accessibili e gratuiti.
E ora, davanti a quelle saracinesche chiuse, ci siamo noi, Luca e Judie, gli educatori del CDE Creta, centro di aggregazione giovanile di Azione Solidale attivo dal 1985. Ci prendiamo ancora del tempo, a quell’ora improbabile e già in sella alle bici pronti a partire per tornare a casa, per dirci come è andata la giornata. Si passano in rassegna i diversi giovani, le loro storie, ci confrontiamo su cosa abbiamo notato, sui piccoli dettagli, su come si sono mossi nella relazione con gli altri.
Ci raccontiamo della frase detta da uno di loro, degli occhi spenti dell’altra, di chi se n’è andato prima e di chi è rimasto in disparte, di come abbiamo dovuto gestire un conflitto durante la cena e del fatto che dobbiamo incontrare di nuovo i due che hanno litigato, per riparlare di quello che è successo e provare a trovare un nuovo equilibrio per stare bene insieme.
Questo pensare ai ragazzi e alle ragazze, il fare con loro, la relazione di fiducia che costruiamo con ciascuno e con il gruppo contraddistinguono il nostro lavoro sempre difficile da raccontare, un lavoro che sa spesso di asfalto, sangue e merda. Sa di silenzi e non detti, di ingiustizie, di fatiche e di identità negate.
Ma sa anche di rivincita e di possibilità di prendere in mano la propria vita, di sapere che qualcuno è lì per loro, ad aspettarli, per stimolarli a ragionare, a sviluppare una coscienza critica, a volte anche per aiutarli a non pensare a una vita che sta loro un po’ stretta.
[…]
I ragazzi del quartiere incontrano difficoltà nel processo di crescita a vari livelli e in diversi contesti: scuola, gruppo di amici e coetanei, spazi aggregativi strutturati come l’oratorio o la squadra sportiva. Le famiglie con più risorse tendono a “riempire” la settimana dei propri figli, che hanno sempre meno tempo libero. La situazione descritta rende i ragazzi nel complesso sempre meno competenti a livello relazionale e sociale, poco abituati a confrontarsi con la diversità – se non in termini competitivi – che quasi mai incontrano nelle esperienze quotidiane.
Il CDE Creta, che è inserito in un contesto di edilizia residenziale medio, si colloca in una posizione simbolica di mediazione e di connessione tra queste diverse realtà. Proponiamo interventi che possano essere appetibili per ragazzi già attrezzati e accessibili per quelli delle fasce sociali più deboli, permettendo di portare nelle periferie una qualità del vivere sociale, solitamente accentrata, e consentendo di riproporre contesti di interazione e integrazione che valorizzino il protagonismo e la creatività giovanile.
La figlia dell’operaio si trova al CDE Creta e beve il tè con la figlia del professore universitario; è una scena che raramente possiamo incontrare negli spazi dedicati ai giovani. La ricombinazione sociale, anche quando è scomoda, anche quando è faticosa, anche quando sembra che non ci siano punti di connessione con altri mondi possibili, rappresenta un grande valore nel nostro lavoro educativo.
Gruppo Giovani CDE Creta,
Nicoletta Bortolotti