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Piazze Inquiete | Tutte le piazze passano per Berlino | 26 settembre


26/09/2023 ore 18:30
Add to calendar 01/01/1970 18:30 Europe/Italy Piazze Inquiete | Tutte le piazze passano per Berlino | 26 settembre Viale Pasubio 5, Milano aWvIKHQmrzrzsRcNqmAj223240
Viale Pasubio 5, Milano How to get there
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 19.09 | 26.09 | 02.10


Ciclo di iniziative pubbliche
a cura della giornalista Paola Caridi

Viale Pasubio 5, Milano
Ingresso libero. Prenotazione consigliata, link presto online


 

“We don’t have one leader. The beauty and strength of our movement is that every single one of us here is a leader.”

(GOLSHAN, attivista per i diritti delle donne in Iran che ha organizzato proteste in cui le donne hanno gridato “no al hijab” e hanno rimosso i loro veli.)

Di cosa parliamo?

Città fragili, consumate. Città, che escludono. Riprendersi i luoghi che abitiamo significa innanzitutto reclamare condizioni di vita dignitose e sostenibili, denunciare squilibri e distorsioni, difendere il contratto sociale e civile. Significa, in sintesi, reclamare il “diritto alla città”, e di conseguenza prendersi anche cura del groviglio di strade, piazze, interazioni che “fanno” una città e la connotano come spazio politico.

Per questo abbiamo pensato a Piazze Inquieteun ciclo di incontri che dà voce a quei luoghi, quelle città del mondo in cui la piazza ha riassunto il significato di uno spazio pubblico politico. Sono quei luoghi in cui, nel corso degli anni più recenti, si sono espresse le dissidenze nel mondo, le lotte per l’emancipazione e le nuove piazze che sfidano poteri dispotici e derive illiberali.

Piazze inquiete si propone di cominciare a compone anche un atlante dei movimenti di protesta che hanno segnato gli ultimi due decenni, per tracciarne la fisionomia e comprendere le convergenze tra i diversi modi di formarsi, esprimersi, resistere. Dall’Egitto di Piazza Tahrir all’Iran di “Donna Vita Libertà”. Dal Nord Africa segnato da rivolta e ritorno dell’autocrazia, fino alla Turchia delle lotte per le libertà fondamentali. L’Europa non è fuori da questo atlante degli spazi pubblici che assumono nuovi significati. Un esempio, forse il più rilevante, è Berlino, la città che le diaspore ha da sempre accolto e rilanciato.

Cosa ci insegnano queste piazze sui nostri paradigmi di azione politica e movimenti sociali? Cosa significa la piazza che appare, a una prima indagine, senza leadership e organizzazione? E infine, quanta influenza hanno le “loro” piazze sulle “nostre”, sempre più inquiete? Attraverso il ciclo, con la conduzione di Paola Caridi, ci interroghiamo sul concetto stesso di “piazza”, non per distinguere quella virtuale da quella reale, ma per fornire una lettura più profonda e complessa dello spazio politico pubblico.


Appuntamenti

19 settembre 

h19:00

Cairo. La piazza sognata

L’Egitto è il caso che simboleggia le rivoluzioni che hanno segnato la storia regionale dell’ultima dozzina di anni. La stessa piazza Tahrir, la piazza della Liberazione, rappresenta ormai nell’immaginario globale la piazza di una rivoluzione possibile, e allo stesso tempo di una sconfitta. C’è  un collegamento, che proveremo a tracciare, tra quello che è successo e sta succedendo qui, e il nostro modo occidentale di reagire a quegli eventi. Così, non ci fermeremo all’Egitto ma ci chiederemo: come le piazze inquiete tracimano e rompono i nostri paradigmi sulla democrazia, sulla leadership e sulla necessità dei movimenti di organizzarsi? Cosa possono dirci quei fatti sul nostro modo di fare e intendere la politica oggi? E cosa rimane di Tahrir?

Francesca Biancani insegna Storia e Relazioni internazionali del Medio Oriente presso l’Università degli Studi di Bologna. Precedentemente alla LSE e SOAS di Londra, è stata allieva del professor John Chalcraft. Storica del Medio Oriente moderno e contemporaneo specializzata in storia dell’ Egitto coloniale e semicoloniale (1882-1952) con uno speciale interesse per temi di  modernità, genere, sessualità, lavoro e migrazioni.

Lina Attalah giornalista e intellettuale egiziana. Co-fondatrice e direttrice di Mada Masr, testata online egiziana tra le più rilevanti per il giornalismo d’inchiesta nella regione araba. Menzione Speciale nella prima edizione del Premio Inge Feltrinelli per il miglior progetto editoriale indipendente nel 2023, è stata nominata dal settimanale Time nel 2020 tra le 100 persone più influenti al mondo.

 

Dopo la conversazione, sarà rappresentata “Non siete stati ancora sconfitti”, la lettura scenica dai quaderni dal carcere – pubblicati da hopefulmonster editore – dello  scrittore, informatico e blogger egiziano Alaa Abd el-Fattah, figura chiave della rivoluzione egiziana.  Sul palco, Massimiliano Speziani, dà voce al pensiero e alla vita di Alaa Abd-el Fattah, prigioniero di coscienza da quasi dieci anni, nella drammaturgia di Sergio Ariotti.  Il monologo è costruito a partire da dati di realtà: lanci di agenzie, interviste, voci raccolte al Cairo che si traducono in un’esile scenografia composta principalmente da fogli di carta e fonti.

Produzione del Teatro Stabile dell’Umbria, con il sostegno del Festival delle Colline Torinesi e della Fondazione Merz

26 settembre

Berlino. La città-diaspora

Centrale nella storia europea del Novecento, Berlino ha riguadagnato  un nuovo ruolo culturale e civile all’alba del Terzo Millennio. Un ruolo sorprendente che mitiga la nostalgia per la vivacità irraggiungibile della Berlino di Weimar, o per il tempo surreale dell’Isola, come veniva definita la città confinata dalla Guerra Fredda. Berlino è divenuta rifugio de facto per la diaspora araba, soprattutto dopo le rivoluzioni del 2011. È un approdo di differenti esili politici e culturali, ed è il laboratorio di una intellighentsjia che ha già cambiato il presente di Berlino. Cosa c’è oltre le statistiche e i dati di realtà? L’esilio arabo ha veramente trasformato la città? E qual è la sua interazione con il panorama culturale tedesco?

Gennaro Gervasio, Professore Associato in Storia dei Paesi Islamici all’Università degli Studi di Roma Tre e Research Fellow del Forum Transregionale Studien in Berlin (EUME Programme) per il 2023. Con un passato alla British University del Cairo, ha focalizzato i suoi interessi scientifici sui processi di secolarizzazione e sulla diffusione del marxismo nel mondo arabo, con particolare attenzione al ruolo politico degli intellettuali e alle forme di attivismo civico e di protesta nella regione, in particolare in Egitto e Iraq.

Alia Mossallam,  storica della cultura, pedagoga e scrittrice, interessata a come le canzoni raccontano le storie e in particolare quelle delle rivolte popolari che hanno segnato la storia del mondo. Al momento è Associate Fellow of the Forum Transregionale Studien Visiting Scholar at the Lautarchiv – Humboldt Universität zu Berlin. Il suo nuovo progetto per EUME (2021-23), “Tracing Emancipation Under Rubbles of War”, ripercorre la mobilitazione geografica e politica dei lavoratori egiziani e nord africani durante la Prima Guerra Mondiale, attraverso canzoni e memoires che ne raccontano i percorsi di solidarietà, le pratiche di resistenza, la produzione collettiva di conoscenza.

2 ottobre

Risignificare la piazza araba

Dal mito alla sua distruzione: lo spazio politico arabo è stato travolto non solo dagli avvenimenti politici degli ultimi dodici anni, ma anche dalla narrazione che ne è stato fatta fuori dai confine della regione. Il racconto destinato al pubblico medio non ha messo insieme tutto ciò che è successo tra il 2011 e il 2019, tra la Tahrir egiziana e l’omonima piazza di Baghdad, tra Tunisi e Algeri, Beirut e Khartoum. È possibile, invece, costruire un racconto coerente delle rivoluzioni e delle rivolte? E quali sono le parole portanti, quale il vocabolario da usare per ciò che è successo? Quali sono i nuovi paradigmi politici indicati dalle piazze arabe?

John Chalcraft, Professore di Storia del Medio Oriente e Politica presso la London School of Economics di Londra. In precedenza ad Harvard, Oxford e la New York University, si è specializzato sul rapporto tra storia e politica “dal basso” nel Medio oriente moderno e nel Nord Africa. Con un approccio di sociologia politica qualitativa, esplora le relazioni tra potere, protesta, resistenza, consenso ed egemonia, analizzando le reti di costituzione transnazionali di attivismi sui temi dei diritti umani nell’area di interesse.

 Sinan Antoon è Associate Professor of Arabic Literature alla New York University. Poeta, romanziere, studioso e traduttore letterario iracheno. Trasferitosi negli Stati Uniti in concomitanza con la Guerra del Golfo, ha ottenuto un dottorato a Harvard in Arabic Literature. Descritto da Alberto Manguel come “one of the great fiction writers of our time”, ha pubblicato in italiano Rapsodia Irachena (Feltrinelli, 2010) e L’archivio dei danni collaterali (hopefulmonster editore, 2023, tr. Ada Barbaro). Collabora con il Guardian, il Washington Post e il New York Times.

 

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