Il 1º ottobre, in Polonia, opposizione e società civile sono scese in piazza a Varsavia su iniziativa del leader di Piattaforma Civica (Platforma Obywatelska, PO) Donald Tusk. “La marcia del milione di cuori”, questo il nome dato al corteo, ha voluto mandare un messaggio al governo di Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość, PiS) in vista delle elezioni di domenica 15 ottobre: c’è una Polonia che vuole il cambiamento, che intende mutare direzione rispetto a quella presa dal PiS che è al potere dal 2015.
Va comunque precisato che l’obiettivo di fondo della marcia, che secondo le fonti a disposizione ha visto partecipi diverse migliaia di persone, è stato quello di convincere gli indecisi a prendere posizione nei confronti dell’attuale esecutivo e accordare fiducia a un’opposizione che vuole dar luogo a una svolta nella vita politica del paese. Un invito a fare la propria parte per sconfiggere la destra ultraconservatrice, ultranazionalista e clericale del PiS dopo otto anni di governo ininterrotto.
Gli obiettivi dell’opposizione polacca
In questo modo Tusk ha voluto ribadire la volontà di divenire un punto di riferimento per quella parte di Polonia che non si riconosce nel progetto politico di Diritto e Giustizia. “Questo non è il corteo di alcun partito”, tale l’affermazione del leader di PO fatta in diretta tv e riportata da Giuseppe Sedia in un articolo uscito sul Manifesto dello scorso primo ottobre; e ancora: “Ho rivolto un invito aperto a tutti ma soprattutto a persone di ambienti diversi, tutti hanno il diritto di scegliere”.
Sono dichiarazioni di un leader politico che intende segnalarsi alla Polonia come uomo del cambiamento. Già primo ministro, poi presidente del Consiglio europeo e successivamente del Partito Popolare Europeo (PPE), Donald Tusk è cofondatore di una formazione politica, il PO, appunto, liberale di centro-destra ed europeista.
Quest’ultimo, nel 2021 aveva reso nota la decisione di riprendere in mano le redini di PO in funzione delle ormai imminenti legislative e precisato di voler tornare per “sconfiggere il male fatto alla Polonia dal governo di Kaczyński”.
L’obiettivo è quello di democratizzare la vita politica del paese e riportare quest’ultimo dentro l’Europa dei valori per dar vita a un rapporto di collaborazione costruttiva con Bruxelles. Di fatto, secondo i sondaggi, l’opposizione guidata da Piattaforma Civica è sostenuta da circa il 30% dell’elettorato contro il 34% delle forze governative che si sono espresse in modo sarcastico nei confronti del corteo voluto da Tusk.
Da precisare, per la cronaca, che la Nuova Sinistra si attesterebbe intorno al 10%, la Terza Via di centro-destra al 9% e la Confederazione di estrema destra all’8%. Con tutta probabilità, per formare un governo sarà necessario costituire delle alleanze.
Che ci sia una Polonia che vuole porre fine all’esperienza nefasta del governo attualmente guidato da Mateusz Morawiecki è un dato di fatto. È la Polonia che in questi anni è scesa in piazza per manifestare contro la politica del PiS, contro le leggi antiabortiste.
È quella che lo scorso 4 giugno ha manifestato in modo massiccio contro la creazione di una commissione pensata per indagare su eventuali influenze russe nella vita politica del paese e che di recente ha sfilato su invito del candidato premier dell’opposizione. In quest’ultimo caso è partita dalla rotonda intitolata a Roman Dmowski che figura tra i padri del nazionalismo polacco, e che è stata ribattezzata per un giorno “rotonda dei diritti delle donne”.
Ricucire i rapporti con l’UE
Le elezioni polacche vengono seguite con trepidazione da Bruxelles che spera ovviamente in un successo degli europeisti, e da Kiev. Non bisogna infatti dimenticare che la Polonia è stata tra i principali alleati dell’Ucraina dall’inizio della guerra – magari soprattutto in funzione antirussa – ma ultimamente ha cambiato atteggiamento, nel senso che ha fermato le importazioni di grano da quel paese e interrotto l’invio di armi. Tusk promette di cambiare anche questo, se dovesse diventare primo ministro.
C’è insomma una parte di paese che vuole uscire dalla gabbia del nazionalismo e ricucire i rapporti con l’Ue. Non dobbiamo dimenticare che la Polonia è finita, insieme all’Ungheria di Orbán nel mirino dell’Articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) per l’adozione di politiche considerate lesive dello Stato di diritto. Il governo di Varsavia nega di mettere in pratica decisioni antidemocratiche ma in tutti questi anni non ha fatto altro che lavorare per assicurarsi il controllo dei diversi settori della vita pubblica del paese.
Ne sanno qualcosa la stampa, la magistratura, il mondo della scuola e della cultura. E che dire, poi, della visione retrograda che l’attuale potere polacco ha della donna?
Si è prima fatta menzione delle disposizioni ulteriormente restrittive sull’aborto, ma vi è da aggiungere che qualche anno fa il ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro si è anche espresso sulla necessità di far uscire il paese dalla Convenzione di Istanbul. Di fatto, invece, è la Polonia che deve cercare di uscire da questo vicolo cieco. Non sarà facile ma deve provarci.
In copertina “Chain of light” Protest in Poland against government judicial reform plans. July 2017. Poznan.CC BY-NC 2.0 DEED