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I partiti e i sindacati di sinistra sono in difficoltà


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Per lo speciale La classe operaia senza paradiso


I seguenti sono appunti dal mio intervento al convegno on line sulla classe operaia organizzato dalla Fondazione Feltrinelli. Working class e immaginario.

Gran parte del mio intervento ha avuto a che fare con il tema dell’immaginario della classe lavoratrice. Ritengo sia una dimensione importante e a lungo trascurata.

Visibilità della classe

La classe operaia esiste ancora, solo che è molto meno visibile per diverse ragioni: siamo in un ciclo regressivo di lotte e l’assenza di conflitti sociali diminuisce la visibilità dei lavoratori e delle lavoratrici; la frantumazione produttiva imposta a partire dagli anni Ottanta ha cancellato la visibilità dei luoghi della classe operaia, spostando la produzione a est o confinandola in distretti produttivi in cui non ci sono più le ciminiere di un tempo ma si produce in capannoni spesso più piccoli di un centro commerciale.

La sinistra (partito e sindacato) è in difficoltà nell’ambito della rappresentanza della classe operaia e soprattutto il partito si è spostato verso la classe media, perdendo voti tra i lavoratori. sul piano dell’immaginario sono state realizzate strategie volte a silenziare e attenuare la voce e la presenza (e l’esistenza) della classe operaia.

Una questione di lessico: perché “working class/classe lavoratrice” funziona meglio di “classe operaia”?

Ritengo il termine inglese più estensivo e inclusivo ma non ho alcun preconcetto nei confronti dell’espressione “classe operaia”. Il temine inglese è però semanticamente più ampio e permette di includere anche le lavoratrici della cura e delle pulizie, i lavoratori della logistica e della ristorazione, mentre classe operaia in Italia rimanda molto all’immagine maschile di un metalmeccanico in tuta blu, fino ai working poor di alcune professioni meno legate al lavoro manuale.

Un aspetto problematico è il rapporto tra sinistra e classe operaia

Se guardiamo alle ultime leggi di riforma del diritto sul lavoro, che mettono in discussione le conquiste del ciclo di lotte operaie degli anni Sessanta e Settanta, sono riforme volute da governi del centrosinistra.

Nella mia città natale, Piombino, la destra non è mai stata al potere nel comune locale in un secolo (senza considerare il ventennio fascista, ma allora non si votava democraticamente). È bastato che il Pd di Renzi, assieme all’amministrazione regionale toscana, decidessero la chiusura dell’altoforno (forse necessaria, ma è stato chiuso lo stabilimento senza un progetto alternativo ecosostenibile di riconversione industriale) che la sinistra ha perso le elezioni: se fai politiche contro i lavoratori, non puoi sperare che ti votino alle elezioni.

La lotta di classe e l’immaginario

Esempi di strategie di lotta di classe sull’immaginario realizzate dall’alto: prendo come case study l’ex stabilimento GKN.

Gli operai mi hanno raccontato questa storia: quando la proprietà doveva realizzare un video promozionale a scopi di marketing nello stabilimento, faceva riprese in cui i robot operavano da soli. Chiedeva quindi agli operai di uscire dalla scena. Finito il ciak, gli operai riprendevano il loro posto nella gestione dei robot.

Un altro esempio, raccontato stavolta da Dario Salvetti, è quello del cambio delle tute blu con le tute bianche: sostituire il bianco al blu serviva ovviamente a distruggere la forza simbolica delle tute blu, ma serve anche a farti sentire sporco mentre lavori, a farti perdere l’orgoglio del lavoro manuale (dopo cinque minuti di lavoro in bianco in un ambiente metalmeccanico, sei ovviamente sporco e ti senti lo sporco addosso tutto il giorno).

L’impatto dell’immaginario (in Gran Bretagna) per attenuare l’idea percepita della scomparsa della working class.

Riprendo questa riflessione sollecitata da Marc Lazar sull’importanza del cinema di classe lavoratrice in Gran Bretagna (da estendere anche a certe serie tv, penso a Peaky Blinders). Nel mondo britannico la classe è ancora un concetto fondamentale nell’identità di molte persone, forse perché l’accento è un marcatore di classe e il sistema scolastico è strutturato, appunto, per linee di classe.

Nonostante a fine anni Novanta il New Labour abbia provato a recuperare col mantra “we’re all middle class” l’idea thatcherita secondo la quale “la classe sociale non esiste, esistono solo gli individui”, è proprio nel Regno Unito che la working class ha mantenuto una sua forza come elemento di identificazione delle persone.

Paradossalmente il classismo dall’alto rinforza il senso di appartenenza di classe. Al tempo stesso, la classe in Gran Bretagna ha connotazioni meno politiche e più identitarie: questo può forse spiegare il successo di un lavoro sull’immaginario working class che è stato portato avanti sia in letteratura che nel cinema in Gran Bretagna.

Il tema dell’immaginario si lega a quello dell’aggregazione sociale e culturale. L’antropologo David Graeber sostiene in Bullshit Jobs (cito a memoria) che con il loro immaginario le persone di classe lavoratrice si prendono cura le une delle altre: l’immaginario working class serve a tenere alto il morale. Concordo, ma l’immaginario serve anche a creare convivialità, aggregazione, socialità; e poi serve anche come strumento di lotta, di lotta sociale, di lotta di classe.

Festival di letteratura Working Class

Al riguardo, come direttore artistico del Festival di letteratura Working class che si è tenuto a Campi Bisenzio presso la Gkn dal 31 marzo al 2 aprile 2023, posso dire che tutte queste dimensioni erano presenti nel festival: la convivialità, la cura, la lotta. Ritorno alle parole di Marc Lazar quando dice che “c’è febbre di azione collettiva”.

In effetti abbiamo sentito questa febbre. Ed era evidente che stavamo rompendo i muri metaforici della fabbrica facendo incontrare la letteratura e gli operai, la fabbrica e i quartieri.  Al tempo stesso, nel festival è emersa l’importanza del racconto della “carne viva” degli operai: la letteratura (e le arti performative, in particolare il teatro che si presta bene a funzionare come arte proletaria) permette proprio di portare le storie dei lavoratori in primo piano.

In questo senso, il Festival di letteratura working class ha giocato un suo ruolo all’interno della lotta degli operai Gkn; è servito, assieme a tante altre cose, a rompere la fase di assedio in cui si trovavano i lavoratori Gkn, è servito a sollevare il loro umore rilanciando la mobilitazione oltre la fase difensiva del recupero delle mensualità non corrisposte di salario: dopo il festival è partito infatti il crowdfunding per la reindustrializzazione dal basso. In certo modo, il festival ha rilanciato una nuova fase nella vertenza.

In conclusione, la classe operaia esiste ancora, è sempre più pervasiva ma è molto meno visibile che in passato, perché oggetto di strategie di cancellazione che ne attenuano la sua presenza, visibilità e in definitiva forza. Un lavoro sull’immaginario è necessario, consapevoli che saranno soprattutto i conflitti sociali a ridare visibilità alle classi sociali.


Foto di copertina di Kateryna Babaieva.

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